Esperienze di Social Housing a confronto

foto fascicolo 4

L’Housing Sociale: panorama europeo e italiano

Il quadro europeo, così come quello italiano, è attualmente segnato da una grande attenzione verso i problemi legati al tema della casa[1]; la recente situazione economico – finanziaria ha avuto ovunque un notevole impatto sul settore immobiliare, mettendo in crisi anche i sistemi di gestione dei patrimoni immobiliari pubblici, il carattere degli interventi e la formulazione dei criteri di assegnazione, oltre alla promozione di nuovi programmi per l’edilizia e per l’edilizia sociale. Molti degli Stati membri hanno risposto a tali condizioni trasferendo competenze e responsabilità in tema di politiche abitative dal livello centrale a quello regionale e locale, e, apportando delle trasformazioni, anche radicali, nei processi di liberalizzazione e de-regolazione nel campo dell’edilizia sociale spesso coniugandole al tema dello sviluppo urbano sostenibile, della riqualificazione urbana e sociale e delle politiche di sviluppo del territorio. In generale si riscontra un cambiamento nel ruolo dei differenti governi centrali e si osserva la sperimentazione di nuove forme di governance e un allargamento dei soggetti mobilitati sulla questione abitativa prevedendo una progressiva e generale  apertura verso gli operatori privati e del cosiddetto terzo settore. Il processo di privatizzazione coinvolge non solo la cessione di proprietà agli inquilini, ma anche il passaggio delle proprietà pubbliche a soggetti indipendenti (associazioni, cooperative, società private).

In Europa si pone quindi il problema della ridefinizione delle politiche abitative e ogni Paese, partendo da approcci teorici differenti, attua specifici programmi tanto per metodo che per tipo di scelta politica operata. I percorsi di policy intrapresi quindi generano effetti differenti, in ogni caso uno dei punti sempre comuni riguarda la volontà di coinvolgere più soggetti sia per il finanziamento che per la progettazione, la realizzazione e la gestione degli interventi; il vero elemento di novità consiste nel ruolo giocato dalle Istituzioni Pubbliche, che ruota intorno a funzioni di programmazione finalizzata al sostegno finanziario, alla facilitazione giuridico-amministrativa e al completamento degli interventi (Balducci, 2005).

Secondo l’immagine ricostruita da Cecodhas[2], la popolazione europea cresce lentamente rispetto ad altri continenti, 17,4% di persone ha più di 65 anni d’età, tuttavia aumenta ovunque la domanda di abitazioni in relazione all’aumento del numero di famiglie. Le strutture del nucleo famigliare che sono cresciute più rapidamente negli ultimi anni sono quelle costituite da adulti singoli e coppie senza figli. Giovani ed anziani, sono le categorie di proprietari di case più colpite dalla instabilità economica e da forme di precarietà lavorativa e sono, spesso, i principali fruitori di soluzioni abitative con specifiche caratteristiche in termini di prezzi accessibili e sostenibili, di standard spaziali e di servizi.

Secondo quanto descritto da Galdini (2012), «per quanto riguarda l’approccio che i paesi europei hanno rispetto all’housing sociale può essere sintetizzato nei due termini di “universale” o “mirato”. Nel primo caso il diritto alla casa è garantito dallo Stato che ha la funzione di calmieratore (Paesi Bassi, Danimarca, Svezia), nel secondo lo Stato interviene a compensare le difficoltà di un sistema abitativo regolato dal mercato. Questa seconda forma è la più diffusa e l’housing sociale diventa uno strumento di policy per aiutare coloro che non possono accedere al mercato immobiliare».

Nei principali paesi europei il settore pubblico svolge un ruolo fondamentale accanto agli operatori privati sia nella formazione dell’offerta abitativa e nella gestione degli immobili ma anche negli scopi a rilevanza sociale, quali strategie di coesione e integrazione, condivisione, sviluppo di servizi alle persone, etc., tuttavia le differenze di interpretazione e gestione di queste strategie nei diversi contesti nazionali restano ancora oggi sostanziali, in particolare «la pluralità degli approcci è […] chiaramente leggibile nella diversa frammentazione del patrimonio abitativo e nell’espressione finanziaria dell’impegno pubblico». Tali elementi sono diretta espressione dei diversi sistemi di welfare e delle differenze di approccio in tema di patrimonio abitativo pubblico e in materia di politiche finanziarie. Generalmente si può rilevare che i Paesi europei centro settentrionali hanno puntato al sostegno della locazione in ogni sua possibile declinazione; al contrario nella fascia mediterranea si è preferito incentivare e sostenere mediante l’offerta di specifiche misure e servizi la forte propensione alla proprietà immobiliare. Il quadro abitativo nel panorama europeo presenta differenti caratteristiche: mentre in Italia e Spagna prevale la proprietà dell’alloggio rispetto alla locazione (con percentuali rispettivamente dell’85% e del 75%) in Germania è prevalentemente basato sull’affitto 57% con oltre il 30% di alloggi gestiti in locazione sociale.

Andando ad analizzare un indicatore specifico, anche se non esclusivo delle politiche abitative, ovvero la percentuale del patrimonio di alloggi sociali in affitto sul totale dello stock abitativo, si può facilmente comprendere quale è l’attenzione prestata al tema della residenza sociale nelle diverse nazioni. Ad esempio in Olanda il 35% dello stock abitativo è di residenza sociale, in Austria il 25%, Danimarca 21%, Svezia 20%, Inghilterra 18% e Francia 17%; tutti gli altri stati hanno percentuali decisamente inferiori. Nonostante questo possa essere considerato un dato significativo, non è certamente rappresentativo del fatto che esistono anche soluzioni differenti rispetto alle due categorie di affitto privato e di affitto sociale. In Germania, ad esempio, il privato for-profit si occupa del finanziamento e della gestione degli alloggi sociali stipulando convenzioni temporanee tra privati ed istituzioni pubbliche che prevedono, tra le altre cose, la riduzione degli interessi sui mutui, l’assistenza finanziaria e dei sussidi parziali da parte dei Länder.

Nei differenti paesi europei si registrano diverse situazioni in tema di alloggio sociale poiché i sistemi di welfare sono del tutto eterogenei, anche se in generale i sistemi intendono garantire

la possibilità agli individui e alle famiglie di raggiungere un livello di vita accettabile. La classificazione più nota dei sistemi di welfare è quella proposta da Esping-Andersen (Allen, 2005) che individua ed accorpa le forme in tre sistemi: modello liberale, modello socialdemocratico e modello conservatore. Il primo si basa sulla fiducia nelle capacità del mercato di allocare risorse in maniera efficiente, di fornire servizi e produrre beni pubblici, viene privilegiato l’intervento privato al sistema statale. Il secondo modello, quello definito socialdemocratico, comprende i Paesi che hanno sviluppato il principio della decommodation, riconoscendo diritti anche alle classi medie; questo è il modello tipico del nord Europa (Danimarca, Finlandia, Norvegia, Olanda, Svezia). Il terzo modello, infine, si distingue per un approccio tradizionalista, legato dell’autorità dello Stato e della famiglia, questo modello è diffuso nei Paesi dell’Europa continentale e mediterranea come Italia, Spagna, Francia, Belgio, Austria.

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[1] Housing Statistics in the European Union, http://www.housingeurope.eu/housing-in-the-eu/housing-statistics.

[2] Il CECODHAS (European Liaison Committee for Social Housing) è stato fondato nel 1988 dietro iniziativa di alcune cooperative italiane, francesi e tedesche. Negli anni successivi la composizione della base aderente si è modificata per la presenza di organismi provenienti dal settore pubblico e del privato senza scopo di lucro. Dal punto di vista giuridico, il CECODHAS è un’organizzazione internazionale non profit, di diritto belga (AISBL), i cui 49 membri sono organizzazioni nazionali e regionali rappresentative del settore dell’abitazione sociale in 15 Paesi dell’UE. La mission di CECODHAS consiste nel promuovere l’abitazione sociale a livello europeo e nel rappresentare un collegamento tra i suoi membri al fine di migliorare l’efficacia della loro azione, sia da un punto di vista tecnico che sociale. Tra le attività del Comitato si annoverano: sostenere le attività delle organizzazioni e delle società che si occupano di sviluppo sociale in Europa, favorire uno scambio continuo di idee e di esperienze tra i propri membri, anche attraverso un regolare servizio di informazione, organizzare conferenze, seminari, pubblicazioni e attività di divulgazione per la condivisione di buone pratiche professionali, monitorare l’evoluzione legislativa e delle politiche comunitarie, facilitare l’accesso ai finanziamenti europei per i propri membri, promuovere il diritto all’alloggio dignitoso per tutti i cittadini europei (www.cecodhas.org).

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