Geografie urbane della città pubblica

periferie
L’ingente patrimonio di alloggi, spazi e servizi dell’edilizia sociale costituisce una “città pubblica” che oggi si presenta “non così al margine” e “non così finita”. Nella costruzione di questa parte di città i quartieri di edilizia residenziale sociale (ERS) hanno ricoperto un ruolo cardine, ma non sempre rispondente a standard di qualità e alle reali esigenze di vita dei cittadini[1].

Molto spesso il loro progetto è rimasto incompiuto proprio nel disegno di spazi e servizi di uso collettivo. Anche quando questi sono stati realizzati, la loro piena fruizione è stata spesso limitata dalla rigidità funzionale delle soluzioni architettoniche, urbanistiche e gestionali rispetto a bisogni, pratiche e stili di vita dell’abitare. Queste soluzioni dispersive e omologate nel tempo hanno prodotto molti spazi residuali che si presentano come vuoti senza carattere, misura e destinazione. In essi le relazioni tra spazi aperti e costruiti, individuali e collettivi, interni ed esterni agli alloggi appaiono scarsamente definite e integrate.

Oggi molti dei quartieri ERS si trovano in situazioni urbane diverse da quelle in cui sono stati edificati. Sono prossimi a nuovi poli di servizi, commercio e tempo libero, a grandi assi e nodi infrastrutturali e ad una “campagna urbana” che li circonda e vi si infiltra. Perciò la “città pubblica” non può più essere soloperiferia (vedi All.1 Una Periferia non più Periferia). Da una lato è cambiata la sua localizzazione rispetto ad un centro-città ormai diffuso oltre i singoli confini amministrativi con luoghi centrali che hanno raggiunto e, a volte, inglobato molti quartieri. Dall’altro lato, gli abitanti hanno risposto alle condizioni di disagio socio-economico costruendo dal basso dense reti di relazioni sociali.

Pur nella loro frequente eterogeneità, tali reti sono state in grado di sopperire alle difficoltà di accesso a opportunità e dotazioni urbane, laddove le condizioni di marginalità, un tempo strettamente dipendenti dalla posizione nello spazio, oggi tendono a relazionarsi a criticità riscontrabili anche in altri settori, più centrali, della città contemporanea.

La “città pubblica”, inoltre, non coincide più completamente con il “patrimonio pubblico” che sarebbe più opportuno definire come “patrimonio collettivo”. L’assetto proprietario dei quartieri di edilizia residenziale sociale non si è mantenuto inalterato nel tempo. Riscatti e alienazioni di alloggi e ambiti di pertinenza hanno, infatti, eroso la corrispondenza originaria tra titolo di godimento delle abitazioni e assetti spaziali dei quartieri. Questo processo ha seguito dinamiche differenziate: dalla privatizzazione degli spazi costruiti e aperti di interi insediamenti, alla più frequente coesistenza di diversi regimi proprietari (Laboratorio Città Pubblica, 2009).

Una mappa frammentata delle proprietà disegna così nuovi confini all’interno della città pubblica. Alloggi privati e pubblici spesso convivono negli stessi edifici, rendendo più complesso il quadro degli usi e delle pratiche dell’abitare e attribuendo a un numero sempre più ampio di soggetti (istituzioni pubbliche, inquilini e proprietari privati) i compiti di gestire fabbricati, lotti e parti comuni.

Le politiche di riqualificazione si trovano di fronte a una molteplicità di attori, tra i quali quello pubblico non rappresenta più l’unico referente. Alla complessità di tale situazione il progetto deve dunque rispondere con soluzioni diversificate, dirette a intercettare uno scenario articolato di domande, vincoli, tempi e risorse finanziare. Uno scenario che, seppur non privo di incompatibilità e conflitti, spesso rivela inedite possibilità di integrazione.  

In Italia gli alloggi sociali in affitto sono circa un milione, pari al 4,4% del totale edificato. Una quantità che, pur esigua (soprattutto se confrontata con quella di altri paesi europei, come la Francia che raggiunge il 18%, l’Olanda che arriva al 36% o la Svezia che sfiora il 60%), risulta di considerevole impatto per il valore che tale patrimonio assume non solo in termini puramente immobiliari, ma ancor più in termini architettonici e urbanistici (Mattogno, 2009).

Un patrimonio che oggi, tuttavia, dimostra la sua insufficienza nel dare risposta a una richiesta in continuo aumento: nel Comune di Roma le domande in graduatoria nel 2005 ammontavano a 29.300, contro appena 1.903 alloggi assegnati tra il 2001 e il 2005; in quello di Milano nel 2007 gli alloggi in fase di realizzazione erano 2.700, mentre le domande in graduatoria al 2006 raggiungevano le 16.000 unità; lo stesso anno, le domande presentate nel Comune di Trieste erano pari a 3.517, ma gli alloggi messi a disposizione erano solo 342 e quelli in corso di realizzazione 628 (Censis, Federcasa, Social Housing e Agenzie Pubbliche, 2008, www.federcasa.it).

Anche nel Comune di Genova il gap tra domanda di ERP e offerta delinea una situazione di emergenza abitativa. Nel 2007 le domande idonee in graduatoria erano 2.170, gli alloggi assegnati 135. Si stima che attualmente la richiesta di alloggi ERP è pari a circa 9.000, a fronte di un meccanismo di assegnazione che conta a bando 150/200 alloggi (OSA – Regione Liguria). Un’ulteriore conferma della percentuale della domanda insoddisfatta di ERP che in Liguria già nel 2006 era pari all’87,2%, quasi dieci punti in più della media nazionale (Osservatorio Casa Filea CGIL, 2008). Nonostante la cronica carenza di alloggi sociali, in Italia la città pubblica, per disegno e struttura, costituisce comunque una parte rilevante e morfologicamente riconoscibile dei contesti urbani contemporanei.

Negli anni essa si è configurata sempre più come risorsa collettiva: un vivace laboratorio di innovazione e sperimentazione progettuale con applicazioni che mettono in atto  nuove idee di spazi abitabili e di comunità. (vedi All. 5 Schede Casi studio) È stata e rimane il principale, se non unico, canale di finanziamento per investire nelle politiche urbane tramite interventi di carattere sociale tesi a soddisfare i fabbisogni primari dell’abitare e a fornire attrezzature all’intera città.

Riconoscere il ruolo attuale della città pubblica significa prendere atto che è terminata la stagione dei grandi interventi a fronte di una progressiva erosione di tale stock abitativo legata a una domanda che si allarga a nuove tipologie di utenti. L’alienazione a favore di privati e la riduzione della dimensione delle singole operazioni sono accompagnate da una contrazione di investimenti nella nuova edificazione, mentre i maggiori impegni assunti nel campo del recupero e della riqualificazione sono assorbiti dal generale invecchiamento delle strutture abitative che richiede adeguamenti e manutenzioni in misura crescente (Mattogno, 2009).

Capire le specifiche relazioni fra le forme della città contemporanea e le molte declinazioni delle città pubbliche significa, quindi, interrogarsi sulle condizioni del contesto fisico dei siti, spesso svantaggiati fin dalle origini, che hanno determinato o influenzato le scelte progettuali, rifiutando o al contrario accogliendo nel tempo questi insediamenti.

Significa soprattutto realizzare interventi che migliorino o strutturino il livello delle connessioni interne ed esterne ai quartieri per riportarli al centro delle trasformazioni urbane con un giusto equilibrio tra l’immissione del nuovo e il recupero dell’esistente.

Le difficoltà di accesso e di attraversamento (legate alla carenza di infrastrutture e collegamenti tra gli spazi dei quartieri, le centralità urbane e le funzioni attrattive che disegnano il territorio), così come la scarsa qualità di attrezzature e spazi comuni, nonché la separazione di aree e funzioni restituiscono - nella maggior parte dei casi - geografie urbane di quartieri “isole” (vedi All. 6 Video Milano Lorenteggio) avulsi dal contesto dove l’isolamento spaziale converge quello sociale in vere e proprie sacche di disagio.

Per questo motivo, trasformare gli spazi residuali largamente presenti nei quartieri della città pubblica articolandoli in sistemi di spazi aperti e servizi collettivi può contribuire a limitare la frammentazione spaziale e sociale degli insediamenti che è una delle maggiori cause dei processi di marginalizzazione e degrado.

Nelle zone di frangia lo spazio aperto dei quartieri può riconnettersi a paesaggi e campagne urbane, contribuendo a ridisegnare i margini della città. Rispetto alla città consolidata, la maggior parte di questi quartieri occupano, infatti, una posizione di margine che però risulta prossima al sistema degli spazi aperti urbani e periurbani, alla matrice agricola del territorio e del sistema paesaggistico-ambientale (riserve e parchi naturali, waterfront, boschi, sedimi di naturalità associati ai reticoli idrografici, parchi urbani, corridoi e spazi verdi, ecc.). Lo stesso assetto di molti quartieri è caratterizzato da rilevanti sistemi di spazi aperti che comprendono campi e praterie in abbandono, coltivi arborati e corridoi ecologici, macchie e forme di naturalità diffusa. Spesso però i quartieri di edilizia sociale e queste aree appaiono “slegati” fra loro poiché semplicemente accostati senza precise relazioni funzionali e percettive (Lamacchia, 2009).

Il recupero funzionale e paesaggistico di queste aree permette di considerarle come potenziali luoghi di connessione tra tessuto urbano e ambiente periurbano, tanto alla scala locale che a quella di area vasta. Ciò spinge a ripensare azioni e strategie sulla qualità di tali spazi, (vedi All. 3 Nuove politiche urbane e qualità dello spazio pubblico) sulle loro effettive potenzialità e sui vantaggi offerti dalla loro stessa posizione in rapporto a nuovi ruoli e funzioni complementari alla vita dei quartieri.

La crescente domanda di rinnovo urbano in chiave ambientale ed ecologica spinge a ripensare il rapporto tra queste parti di città e i loro stessi paesaggi attraverso soluzioni progettuali attente a tematiche sempre più attuali, fra i quali la difesa del suolo e la sicurezza idrogeologica, la multifunzionalità agraria e l’utilizzo delle risorse idriche, nonché il risparmio energetico e la riduzione dei consumi. Queste tematiche trovano positivi riscontri nella città pubblica per la grande disponibilità di spazi aperti, che può essere considerata vera e propria risorsa per il perseguimento di un’efficienza ambientale su cui improntare la scelta di materiali e forme da utilizzare nella riconfigurazione degli ambiti esterni all’alloggio. Allo stesso modo, la domanda di un maggior comfort abitativo si può tradurre nell’assunzione di nuovi parametri di risparmio energetico negli interventi di recupero e adeguamento degli immobili esistenti.

Per questo il recupero delle aree marginali dei quartieri ERS va inserito in un quadro più ampio come quello della sostenibilità che rappresenta per la città pubblica una sfida stessa della contemporaneità.    

 

 

Riferimenti bibliografici

Censis, Federcasa, (2008),  Social Housing e Agenzie Pubbliche, www.federcasa.it

Laboratorio Città Pubblica (2009), Città Pubbliche Linee guida per la riqualificazione urbana, (programma di ricerca nazionale La “città pubblica” come laboratorio di progettualità. La produzione di linee guida per la riqualificazione sostenibile delle periferie urbane, finanziato nel 2005 dal Ministero dell’Università e della Ricerca), Bruno Mondadori, Milano.

Lamacchia M. R., (2009), Città pubblica e ambiente, in Laboratorio Città Pubblica (a cura di), Città Pubbliche Linee guida per la riqualificazione urbana, Bruno Mondadori, Milano.

Mattogno C., (2009), Città pubblica e città contemporanea, in Laboratorio Città Pubblica (a cura di), Città Pubbliche Linee guida per la riqualificazione urbana, Bruno Mondadori, Milano.

OSA – Regione Liguria, Dati ERP 2012.

Osservatorio Casa Filea CGIL, (2007),  Rapporto sul disagio abitativo, 2008 in Comune di Genova (a cura di), Disagio abitativo e politiche attive della casa. Il ruolo delle Istituzioni, Atti del Convegno, Genova Palazzo Tursi 21-22 novembre 2008.




[1]La città pubblica, perseguendo obiettivi fondamentali quali la risposta al fabbisogno abitativo delle classi sociali meno abbienti, ha contribuito alla realizzazione di nuove e consistenti parti urbane della città europea del XX secolo.

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