Il contesto

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Storia, studi, ricerche, progetti


L’attività di ricerca per il Progetto INNOLABS si è svolta dapprima con un’analisi storica del Territorio, con particolare riguardo ai due temi-chiave dello studio: valorizzazione delle aree collinari e percorrenze pedonali e ciclabili. Successivamente si sono messe a sistema alcune delle principali azioni attivate negli ultimi decenni per la valorizzazione della Valle.

La Valfontanabuona appare oggi come un sistema vallivo unitario, parallelo alla costa, che si estende dalla confluenza del torrente Lavagna con l’Entella, fino alla dorsale che separa la valle dalla Val Bisagno.
Tale percezione è frutto dell’apertura della carrozzabile di fondovalle, terminata intorno agli anni Trenta del XX secolo.  Ma prima che il sistema viabilistico si orientasse in senso longitudinale, nella valle prevalevano realtà separate, variamente configurate a seconda del rapporto con l’economia mercantile.

In epoca romana le zone appenniniche del Tigullio erano per la maggior parte considerate come boschi e praterie alpestri. Erano occupate da coloni provenienti dalla città di Lucca, che praticavano la pastorizia, il taglio del legname e la coltivazione del grano. Attorno alle principali vie di comunicazione, nei punti di incontro delle direttrici provenienti dal mare e dall’entroterra, sorsero vici e castellari dai toponimi tuttora identificabili con nomi di famiglie gentilizie o romane (“Castellaro di Uscio”, Avegno da Avinius, Orero da Odiates, Leivi).

È invece nel periodo bizantino che. con una strategia generale di vigilanza sul territorio e la colonizzazione dei religiosi, la popolazione si decentra lungo nuovi assi viari come Lorsica e Roccatagliata, la Val Trebbia, la Via dell’Acquapendente che saliva da Monleone e Verzi a Barbagelata e la Via di Piacenza in arrivo da Orero verso il Passo della Ventarola. La commistione di terre private e pubbliche continua con l’invasione Longobarda (regno di Agilulfo, 590-615 d.C.)  e l’opera di colonizzazione dei monaci di Bobbio a cui si devono fondamentali novità nei modelli agrari e di allevamento (il sistema curtense e l’opera di terrazzamento).

Il sistema curtense, che ha permesso di insediare anche zone più marginali perché gli scambi tra le varie corti assicuravano le risorse mancanti, crolla definitivamente a partire dal X sec., periodo da cui si sviluppano attività secondarie (tessitura, panificazione, contrabbando) e s’instaura una complessa “rete” di relazioni sociali locali tra i “valligiani” e i “borghesi” di Rapallo e Chiavari.

Nel periodo feudale, i clan di contadini hanno avuto poi piena proprietà di case e terre fino ad allora occupate in qualità di coloni. Il paesaggio agrario era così definito che Feudalesimo e Repubblica di Genova non ne modificarono i caratteri con il controllo sui traffici commerciali interni, sotto forma di “protezione” delle carovane.

Dalla prima “Caratata” del 1641 si può fare una ricostruzione. Alle spalle dei borghi costieri la fascia collinare era occupata in prevalenza da oliveti e in parte da viti: castagneti, boschi e prati mentre il paesaggio di là dal crinale costiero era nettamente differente. I prodotti del castagno costituivano una risorsa e venivano esportati verso la pianura padana e scambiati con grano, riso, lino, canapa, stoffe formaggio, pelli, carne salata, micce e polvere da sparo.

Nel 1877,  dopo l’unificazione statale, il Regno di Italia promosse un’ inchiesta agraria da cui emerge che a partire dai primi anni del XIX secolo, iniziò ad essere impostata parte di quelle carrozzabili che costituiscono l’ossatura viaria contemporanea.
La destrutturazione dell’assetto territoriale comincia con le migrazioni del XIX e di parte del XX sec, con il massiccio spopolamento delle “aree depresse”. E’ nel decennio 1869-78 e nell’anno 1869 che si verificò l’esodo maggiore. Dal 1822 al 1971 si verificò uno spopolamento continuo e crescente, in stallo momentaneo durante la prima guerra, poi di nuovo in ascesa, tanto che agli inizi degli anni ’60 ben 1/5 delle popolazione tentò la sorte in America, questa volta del Sud.

L’attività di estrazione dell’Ardesia, di origini antichissime, divenne un’attività sistematica e molto produttiva a partire dalla seconda metà dell’ 800.  Non a caso chiamata “Pane che dorme”, l’ardesia riveste un ruolo importante nell’ economia locale in Val Fontanabuona, soprattutto in epoca recente. Le prime cave fontanine risalgono al 1864; ma il decollo definitivo dell’ardesia nella valle si ebbe in seguito alla crisi del suo uso in edilizia a fine ‘800 con la comparsa sul mercato delle tegole prima e del fibrocemento poi. La zona adottò modalità più innovative e flessibili e riuscì a direzionare la produzione verso nuovi prodotti come i piani da biliardo.

 

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